Descrizione
Marina Ivanovna Cvetaeva, una delle voci più alte della poesia russa di inizio Novecento, ci regala attraverso i versi di questo potente componimento una sua “fotografia” della fragilità: una qualità imprescindibile dell’animo umano che cela sensibilità, duttilità e leggerezza. In questa poesia, così profonda e delicata, si scorgono una grande ricchezza emotiva e un ricercato rigore nell’uso della lingua, che ne segneranno tutta la produzione poetica e la renderanno una delle poetesse più apprezzate del suo secolo. “La mia povera fragilità tu guardi, senza sprecare una parola. Tu sei di pietra, ma io canto. Tu sei statua, ma io volo”.