Descrizione
Nel testo che qui si presenta, come già nel saggio dedicato all’Iliade pochi anni prima, Simone Weil tenta di darsi ragione ancora una volta della rincorsa umana alla violenza che, a partire dal mito fondativo della nostra cultura occidentale, percorre l’intero corso dello sviluppo umano arrivando fino a Hitler e al suo stato totalitario.
Impegnata da sempre in prima linea nella sua breve vita, incastrata fra le due guerre – andò volontaria in Spagna a difendere la causa della democrazia contro i franchisti -, visse il male sulla sua pelle; da qui l’esigenza tramite la filosofia di inseguire la radice prima della forza, la matrice originaria della violenza, che individua in un fatto culturale e non in un dato naturale.
Mentre negli anni Quaranta si trova a Marsiglia, viene accidentalmente a contatto con la cultura catara, orgogliosamente fedele al cristianesimo delle origini e al Nuovo Testamento e per questo barbaramente fatta oggetto di persecuzioni da parte della Chiesa di Roma con la famigerata crociata del 1208; nel poema epico Chanson de la Croisade contre les Albigeois che racconta la distruzione dell’Occitania e della civiltà catara, Simone Weil trova un’altra rilevante testimonianza della violenta brutalità della forza e della sua furia annientatrice. Come già nell’Iliade, la pensatrice rilegge quanto accaduto dando statura ai vinti, a coloro che per dignità, impossibilità o fiera fedeltà a se stessi, sono stati crudelmente pietrificati dalla forza e per questo cancellati anche dal ricordo di chi è venuto dopo.
Tolosa come Troia sono oggetto di una stessa mossa culturale che racconta in versi e circonfonde di splendore nient’altro che la furia cieca delle spade impugnate da uomini che straziano la carne di altri uomini. Ancora una volta Simone Weil denuncia il potere cosalizzante della forza: ?colpire o essere colpito è la medesima sozzura. Il freddo dell’acciaio è ugualmente mortale all’impugnatura come alla punta?.
Libera cercatrice in un mondo di interpretazioni già date, smaschera il mito della fatalità della guerra e inchioda ogni gesto e ogni decisione alla sua causa: nessuna guerra si combatte per caso o destino, c’è sempre qualcuno che sferra un attacco.
Simone Weil ci insegna a cogliere, in eterno, il cupo bagliore che attraversa i suoi occhi.