Descrizione
Non è facile, per una vetero-femminista incallita come me, difendere un uomo accusato di uno dei crimini più vili nei confronti di una donna: la deturpazione del viso con l’acido, che ruba la bellezza della persona che si dichiara di amare, riducendola a un mostro informe e condannandola all’emarginazione sociale Le difficoltà aumentano, poi, se l’uomo in questione è una figura pubblica da molti esaltato come esempio di probità, ma che nel privato non nasconde il proprio bieco maschilismo, e se le prove a suo carico paiono incontrovertibili: più testimoni hanno assistito a manifestazioni della sua gelosia e del suo astio nei confronti della vittima e le telefonate con le quali sono state date istruzioni all’autore materiale del delitto erano partite dalla stanza d’albergo in cui il mio cliente trascorreva una breve vacanza, a migliaia di chilometri di distanza dall’Italia. Ci vuole un’incrollabile fede nel principio secondo cui ogni imputato ha diritto a essere difeso per imporsi di concentrarsi sui soli dati oggettivi emergenti dalle indagini. E anche così facendo non si può evitare di tentennare e dubitare…