Descrizione
Pagine scritte con il fuoco, quelle che seguono sono anche le ultime che Rachel Bespaloff abbia scritto prima di levare la mano su di sé. Sono dedicate ad Albert Camus, la cui intera riflessione appare come un intensissimo corpo a corpo con la questione della mortalità, ovvero con la consegna della sorgività vitale della cosa umana al destino cieco e vuoto dell’assurdo. Come in una fuga di specchi, l’autore francese e la pensatrice ucraina si rincorrono in una corsa tanto inebriante da provocare a volte le vertigini. Le parole dell’uno divampano nell’interpretazione dell’altra.
La morte appare, nell’opera di Camus, come una violenza indebita e inaccettabile, che stende l’oblio sull’orizzonte dell’azione, condannandola al vuoto: ecco perché la rivolta, per amore del mondo, per amore dell’attimo; ecco perché la protesta dell’uomo contro un cielo chiuso che semina rabbia nel cuore dell’effimero e scatena una fiammante voglia di essere prima dell’abisso. Rachel Bespaloff insegue Camus fino in fondo. La affascina il personaggio di Caligola, cui consacra pagine inarrivabili, tese e terse come solo l’aria di primavera. La impressiona la trama e il dramma de Il malinteso, tanto inesorabilmente tragico e barocco. Ma soprattutto la affascina l’intero pensiero di Albert Camus, descritto come «uno di quelli che cercano gemendo – pur evitando i gemiti».
Il pensatore francese viene colto dalla Bespaloff nella luce crepuscolare dei pensatori tragici, icone amletiche del tormento. Come Montaigne, Pascal, Kierkegaard, queste esistenze inquiete sembrano ricondurci sempre alla spigolosità dell’umano, alle dolorose anfibolie della scelta, lontano mille miglia dagli spettri perfetti che campeggiano nell’idealità dei sistemi. Dal momento che si muore, l’assurdo cinge d’assedio l’esistenza: Albert Camus ne dà testimonianza, evitando che l’uomo si perda fra i miraggi. Nel pensiero del filosofo francese la morte resta nuda, pura fattualità senza speranza né riscatto, mera contestazione ontologica.